I bambini del secolo scorso non avevano freddo alle gambe...
Beh, non lo so, veramente, se avessero freddo o no.
Anzi, ho il sospetto che nelle serate invernali sentissero qualche brividino, quando uscivano tutti coperti, cappello, maglione e capottino, ma con le gambe desolamente nude al di sotto degli implacabili pantaloncini corti o delle gonnelline alla Shirley Temple...
La moda del ‘900 non ammetteva eccezioni: i maschi avevano diritto ai pantaloni lunghi solo dopo la pubertà, quando iniziavano il liceo.
Prima, pantaloncini fino ai dodici-tredici anni e, in via eccezionale, come soluzione transitoria, un bel paio di pantaloni alla zuava, fino al ginocchio.
In quanto alle bambine, di pantaloni, corti o lunghi, non se ne parlava proprio: gonnelline svolazzanti e gambette al vento, con i calzini corti al di sopra delle scarpette lucide.
La moda casual non esisteva, allora, e l’unica eccezione, quando a scuola c’era l’ora di ginnastica, era la tuta blu con le scarpe “da tennis” per i maschi e la gonnellina nera o blu per le femmine.
Ma questo abbigliamento, ritenuto probabilmente un pò osè, veniva usato solo per lo stretto necessario: gli scolari si cambiavano in palestra e poi, alla fine dell’ora di ginnastica, si rimettevano i vestiti normali.
Le gambe dei maschietti, magre o grassocce che fossero, d’inverno prendevano una consistenza vagamente simile alla mortadella, con la pelle un pò livida per il freddo e punteggiata di rosso.
E non parliamo delle cicatrici: questa moda spartana non concedeva alle povere ginocchia dei ragazzini nemmeno la sottile protezione del pantalone, e ad ogni occasione seguivano due belle ferite da disinfettare con l’alcool, destinate a trasformarsi in croste spesse e scure.
Le femmine erano più tranquille, ma qualche bella caduta capitava anche a loro, magari mentre giocavano a corda o a tamburelli, e anche loro andavano in giro con le ginocchia vistosamente fasciate, dato che quei bei cerotti invisibili ancora non esistevano.
Tutti, maschi e femmine, detestavano quella regola ferrea che li teneva lontani dalla vita adulta.
I maschi cominciavano a sognare i pantaloni lunghi quando avevano dieci anni, e guardavano invidiosissimi i fratelli maggiori.
Con i pantaloni alla zuava si sentivano un pò ridicoli, ma li accettavano di buon grado perché sapevano che quella tenuta da Sherlok Holmes era l’anticamera degli ambiti pantaloni alla caviglia.
Le femmine invece odiavano i calzini corti che si arrotolavano sempre, le facevano sentire delle pupazzette.
Ma la loro ambizione era più remota: loro sognavano il primo paio di calze e l’attesa era lunga, bisognava avere almeno sedici anni, e forse più.
Però, quando quel momento arrivava, insieme alle prime scarpette con il tacco, era una vera magia...