“Uno, due, tre, regina!!!” (o stella).
E il bambino si voltava di scatto per beccare qualche compagno ancora in movimento, e se qualcuno di loro era stato troppo lento a fare il passo in avanti e non si era ancora immobilizzato, zac, toccava a lui sostituirlo.
Giochi del ‘900, giochi di strada, giochi di generazioni di bambini senza la mamma tv, che appena finivano i compiti scendevano in cortile e vivevano tutte le avventure del mondo: acchiapparella, mosca cieca, campana e gare di battimuro con i tappi delle bottiglie di aranciata.
Si giocava con tutto: tappi, ma anche biglie, figurine, palle di stracci, e se c’era qualche bambino ingegnoso si costruivano sbilenchi carretti con vecchie tavole e ruote di carrozzine dismesse.
Nelle città c’erano grandi marciapiedi ancora a disposizione dei pedoni, destinati a sparire nei decenni successivi perché divorati dalle strade sempre più trafficate.
Su quei marciapiedi la gente viveva, le signore chiacchieravano, i nonni sonnecchiavano, seduti sulle panchine, e i bambini scorazzavano felici.
E poi c’erano i cortili, vere regge all’aperto per i bambini.
Forse i cespugli delle piante erano un pò spennacchiati, le aiuole lasciavano a desiderare, ma per i bambini quello spazio era sacro, almeno finchè non arrivava il portiere, che li cacciava via se facevano troppo chiasso...
E i giocattoli?
Fino all’avvento della plastica i giocattoli erano divisi in due categorie: c’erano i giocattoli dei bambini ricchi, bellissimi, fatti di legno, porcellana, cuoio e altri materiali pregiati, e c’erano i giocattoli dei bambini poveri, fatti praticamente di stracci.
Nelle case ricche e alto-borghesi la stanza dei bambini era grande e spaziosa, e c’era tutto il posto per la collezione di bambole di biscuit, con le gote rosee e gli occhi vitrei, per gli orsacchiotti di vera pelliccia, per i carillon dipinti a mano e i salotti in miniatura rivestiti di raso e tulle.
Sul pavimento veniva montato ogni tanto un grande circuito di binari per far correre il trenino di legno, che attraversava sbuffando villaggi di casette lucide di vernice, passava sotto i ponticelli e arrivava alla bella stazione, ricostruita nei minimi particolari.
I bambini poveri si dovevano arrangiare, quei giocattoli erano costosissimi e i loro genitori non potevano permetterseli.
Così, le bambine giocavano con pupazzette fatte con pezzi di stoffa riempiti di segatura, e i maschi si costruivano rudimentali fucili con pezzi di legno o palle da football fatte di stracci.
Ma non se la prendevano molto: c’erano un sacco di giochi che non richiedevano giocattoli...
bastava la loro fantasia e la voglia di sfrenarsi...